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Sito ufficiale del Coordinamento Trans Sylvia Rivera

I fondamenti del Coordinamento Trans Sylvia Rivera sono i seguenti:
diritti civili, diritti umani, autodeterminazione, laicità, antirazzismo, antifascismo


venerdì 10 settembre 2010

MARCELLA DI FOLCO, LEADER DEL MOVIMENTO TRANS CI HA LASCIATO. UN RICORDO CORALE


La mia, la nostra Marcellona
di Porpora Marcasciano
pubblicato il 9 settembre 2010 su Liberazione


Cosa scrivere e come scrivere della Marcella, una persona con cui ho condiviso e intrecciato un’esperienza personale e politica che definire “sensazionale” sarebbe riduttivo, un percorso lungo 25 anni, da quando, in una salottino del Senato, Giglia Tedesco (Pci) convocò una delegazione del Mit, il Movimento identità transessuale, per un incontro con Rosa Russo Iervolino allora ministra degli interni. Indimenticabile per me la scena finale dei saluti quando, come in un film di Fellini, Marcellona singhiozzando di gioia, abbraccia, fino a farla scomparire tra le sue spire, la ministra che in quel momento, confidenzialmente, per lei era diventata Rosa. Rosa con la sua vocina ringraziava e Marcella col suo vocione elogiava. La paura di essere banale nel parlare della Di Folcland (come confidenzialmente la chiamavo) per me è alta, la paura di non riuscire a dire tutto quello che andrebbe detto nello spazio di un articolo. Il rapporto che ci univa era profondo, durava nel tempo perché, per evitare le durezze della vita, avevamo fatto di una sana e salutare autoironia uno stile di vita. Non ci siamo mai prese sul serio, riuscivamo a dirci le peggio cose l’una dell’altra (le trans sono così), ma la serietà non è mai mancata quando ci si confrontava con la nuda vita, con i mille problemi e le infinite tragedie che assediano la vita delle persone transessuali. Marcella sapeva dove arrivare, ottenere il massimo per le persone trans e in quello si tuffava anima e corpo e… che corpo!
Dall’incontro con il Presidente Napolitano a quello con la trans malata anziana e senza casa, da quello con gli scienziati dello Hbgda (l’associazione mondiale professionale per la salute transgender) all’incontro con le trans brasiliane clandestine e senza diritti, con tutti metteva la stessa identica verve e dignità, non esistevano per lei limiti politici, morali o istituzionali nella rivendicazione dei diritti. Costava quel che costava, per la Marcella le trans dovevano vincere.
Del resto la sfida, oltre al mangiare, era la cosa che amava di più e in un paese come l’Italia in cui di sfide (anche di sfighe) ce ne sono mille al giorno, lei aveva trovato terreno fertile. Come dire…una ruspa! Non per niente a un concorso di Miss Alternative era stata nominata Diga Vaiont. Prorompente, come quando a un congresso nazionale dei Verdi, con i suoi centosettanta chili di stazza, facendosi largo tra la folla dei delegati a colpi di pancia e di gomiti, arrivata al cospetto dell’allora sindaco di Roma Francesco Rutelli gli disse: «A Francè se nun te comporti bene me te’nculo!». E quando, consigliera comunale a Bologna, pretese pubbliche scuse dall’opposizione di destra che l’avevano offesa nel suo essere trans. Mettendosi di traverso, una vera e propria barricata, il consiglio comunale non sarebbe proseguito senza quelle scuse, la vendetta politica delle trans!
A Marcella piaceva soprattutto divertirsi, per lei infatti la politica, le battaglie per i diritti, il lavoro al Mit erano soprattutto un gran divertimento: mezzo e fine, personale e politico, privato e pubblico coincidevano in quel grande, spropositato delirio trans che a noi piace definire “favolosità”, la linea guida dell’esperienza bolognese del Mit. Visto che i diritti, la dignità e quindi anche la gioia ci sono stati sempre preclusi, con Marcella era chiaro che ce li saremmo presi tutti, con un grande e, soprattutto, favoloso divertimento. Ci siamo divertite e continueremo a farlo ricordandola, grande, favolosa, Marcellona mentre prepari la rivoluzione davanti a un fumante piatto di fagioli con le cotiche, mentre intoni appassionate arie della Callas in viaggio verso i mille pride della nostra liberazione. Mentre sfili vestita da papessa benedicendo urbi et orbi i convenuti alla processione gaia organizzata per l’arrivo del papa a Verona. E mentre te ne vai, lasciandoci qui, alle cose di tutti i giorni, mi piace riportare, alla fine, una frase geniale di Foucault: «No, non sono dove mi cercate ma qui, da dove vi guardo ridendo».

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Sex worker, una sorella nella lotta per i diritti
di Pia Covre (Cdcp, Comitato per i diritti civili delle prostitute, onlus)
pubblicato il 9 settembre 2010 su Liberazione


Con la morte di Marcella Di Folco tutte le persone che aderiscono ai movimenti per i diritti civili glbt e di sex workers sentono di aver perduto un pezzo di sé, una parte della propria forza.
Marcella una persona non comune ci lascia un vuoto che resterà incolmabile. Mille attiviste/i tutti insieme non riusciremmo mai a sostituire Marcella, la sua presenza e la sua voce sempre straordinaria e potente e il suo pensiero che veniva dalla mente ma passava dal cuore e che esprimeva sempre appassionatamente com’è tipico di chi le esperienze le ha vissute in prima persona e non solo per sentito dire.
Marcella ha condiviso con molte compagne i momenti drammatici quando ancora negli anni ’70 erano applicate le infami leggi fasciste alle transessuali che venivano messe al bando e relegate al confino e anche in carcere. Con loro e per loro si è battuta per ottenere una legge (Legge 14 aprile 1982, n. 164 “norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso” ) partecipando attivamente alla lotta che fu portata in Parlamento dal Partito Radicale. Sempre in prima linea attivista e militante nel più completo e vero senso di queste due parole. Generosa con tutte/i anche nei giudizi, capace di affermazioni dure ma subito ammorbidite da una grande umanità che aveva spontanea anche verso chi le era antagonista. Dal 1982 ha partecipato e condiviso con il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute le lotte per il riconoscimento dei diritti e contro le discriminazioni. Il sindacato delle sex workers francesi Strass e il Network europeo delle sex workers che conoscevano e apprezzavano il suo lavoro e le lotte del Mit la ricordano come una delle grandi sostenitrici del movimento internazionale. Noi l’abbiamo sempre sentita vicina, in ogni momento di lotta lei c’era. Anche quando era affaticata o stanca, sempre pronta ad un nuovo sacrificio per portare la sua solidarietà e la sua presenza significativa alla lotta.
Ma non solo noi dobbiamo rendere onore a Marcella, anche il mondo della politica lo deve fare. I cittadini e le cittadine di Bologna la stimavano e lo hanno dimostrato eleggendola in Consiglio comunale. La sua popolarità fra la gente se l’è conquistata, non con la pubblicità mediatica o i giochetti di potere, ma con la sua grande autenticità e intelligenza con la quale si relazionava con le persone nelle strade della sua città, ascoltandone i problemi e rispondendo sempre con gentilezza e comprensione. Soprattutto schierandosi con i più deboli contro le ingiustizie. Nel giorno della sua scomparsa voglio ricordare le sensazioni che provocò in me al nostro primo incontro, mi impressionò per la sua dimensione fisica che percepivo sovrastante, quasi imbarazzante. Ma subito mi sentii rassicurata per la sua accoglienza tenera e calda. La sentivo come una sorella, grande e protettiva. Mi stupiva la sua storia personale davvero straordinaria, mi impressionò la sua lucidità sulle rivendicazioni intraprese e il suo senso di giustizia. Ricordo che pensai che sembrava un personaggio di Fellini, un po’ di tempo dopo scoprii che aveva anche recitato con Fellini. Sapeva stare in scena personalità e con ironia e aveva il physique du rôle, indimenticabile la sua partecipazione al concorso del Cassero dove è stata eletta Miss Alternative una autentica “Favolosa” come amano definirsi le transessuali.
Coraggio, orgoglio e dignità è la lezione che ci ha dato Marcella Di Folco come attivista, ma come amica la ricorderò sempre per la sua gentilezza e affettuosa generosità è stato un onore per me avere la sua amicizia
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Indimenticabile Papessa in Frocessione a Verona
di Graziella Bertozzo
pubblicato il 9 settembre 2010 su
Liberazione


Ciao Marcellona,
dal 7 settembre 2010 non ci sei più.
Ti ho salutata per l’ultima volta due giorni prima e non avevi più la forza per aprire gli occhi. Anche il peso del piccolo cagnolino Ettore sul tuo letto era troppo per te. Eppure hai trovato la forza per tendere le tue braccia e stringermi in uno di quei tuoi abbracci. Non mi hai detto «ammoreee» come al tuo solito, e da lì ho capito che non avevi più bisogno di interpretare la tua parte per nascondere tutta la tua dolcezza e la tua tenerezza. La tua parte era conclusa.
La tua parte?
Ma quante parti hai sostenuto sulle tue spalle? Quanti i corpi di cui hai saputo vestire i tuoi sentimenti, la tua caparbietà, la tua onestà, la tua fantasia, la tua generosità e lealtà?
Nessuno lo sa, ma in tanti e tante di noi ne conoscono alcune, solo alcune. E quanti ricordi-storie-momenti dovremmo mettere insieme per avere una Marcellona a tutto tondo?
La tua è una vita che si potrebbe raccontare per aneddoti, e chissà per quanto tempo si parlerà di te e del tuo Ciao su cui, nel tuo periodo di “enorme”, sfrecciavi per le strade di Bologna. E il Ciao non si vedeva. Anche la tua cinquecento fu mitica: non ho mai capito come facevi ad entrarci, ma soprattutto ad uscirne.
E su quanti carri e furgoni hai attraversato le manifestazioni romane del movimento? Ma la nostra Papessa a Verona nella Frocessione del 2006 la facesti a piedi, ed eri molto più credibile tu della Papessa Ratzinger che nel frattempo sfilava sulla papamobile dall’altra parte della città. Tu, imponente e a piedi, hai sfilato accanto alla Verona povera dei gay, delle lesbiche, dei e delle trans, delle prostitute, dei e delle migranti. Quell’altro, motorizzato, fra la Verona-bene del denaro e dell’opulenza. Eppure il tuo vestito era molto più bello del suo.
Soltanto la storia dei e delle perdenti – quella che non sarà mai scritta – potrebbe renderti giustizia.
E così so che non avrai giustizia, ma questo lo avevi messo in conto. Quello che non hai mai voluto mettere in conto, che non hai mai accettato, sono l’ingiustizia e la povertà di cui soffriva – e soffre – chi stava – e sta – intorno a te. Con il piccolo insignificante particolare che intorno a te sentivi il mondo intero, anche quello che di te non si occupava.
Non ricordo più la prima volta in cui ci siamo incontrate ma tu, una volta su due in cui ci vedevamo, mi ricordavi come per te era stato importante il mio invito ad una iniziativa a Verona, riconosciuta dalle istituzioni e realizzata solo da donne nei primi anni ‘90. L’invito di una donna – lesbica per giunta – a lavorare in un gruppo di donne. E dicevi: che beellooo! E sorridevi.
Non mi hai sorriso domenica, ma i tuoi occhi si sono allargati quando ti ho detto che stavamo portando a termine una delle tue ultime iniziative. E poi si sono riempiti di lacrime quando mi hai detto: «Forse io non ce la farò…». Non hai finito la frase: «… ad esserci».
Non abbiamo mai parlato molto io e te. Sempre di ricordi, e i ricordi non hanno quasi bisogno di parole. E spesso la nostra memoria comune non era necessariamente situata nel passato.
Il ricordo più bello che ho condiviso e condivido con te è situato in un tempo futuro, e sapevamo che né tu né io l’avremmo mai visto.
Ed è il ricordo di quel mondo migliore possibile per cui, a volte nello stesso luogo ed altre in luoghi diversi, abbiamo combattuto. Su barricate diverse, magari, ma che sempre hanno guardato nella stessa direzione.
E l’allargarsi dei tuoi occhi l’altro giorno me l’ha ancora una volta fatto intravedere, così come tu lo vedevi.
Così come questa lettera che ti scrivo: scrivo pubblicamente a te proprio oggi, quando non ci sei più a leggerla, per il semplice motivo che io ancora ho una parte da fare, perché so che tu quella felicità per un’azione politica concreta l’avresti voluta condividere con il mondo intero, perché non era rivolta a me, ma a tutte e tutti gli “ammoriiii” della tua vita.
Ed è a loro che consegno la felicità dei tuoi occhi, così come il tuo abbraccio e il tuo grazie per essere stati e state nella tua vita.
Ciao Marcella.

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Una “grande” rivoluzionaria a cui abbiamo voluto bene
di Saverio Aversa
pubblicato il 9 settembre 2010 su Liberazione


E’ morta Marcella, “Marcellona” anzi, così era chiamata affettuosamente dagli esponenti del movimento “frocio” (lgbtiq). L’accrescitivo al suo nome veniva spontaneo a causa della sua altezza, della sua “corpulenza” ma anche della voce stentorea e dei modi in genere poco diplomatici. Ricordo che qualche anno fa dal palco del Pride romano a piazza SS. Apostoli urlava con tutto il fiato che aveva in gola augurandosi la morte del papa! Era buffa con la sua parrucca portata con gran disinvoltura anche quando era leggermente spostata, un poco sbilenca. Poi decise di non portarla più e di coprire il capo con dei civettuoli foulard o dei romantici cappelli.
Marcella Di Folco, presidente del Mit, movimento identità transessuale, era una mia amica, una persona cara, un’attivista per i diritti civili che aveva speso tutta la sua esistenza per il pieno riconoscimento legale delle persone non eterosessuali, delle cittadine e dei cittadini transessuali, di gay, lesbiche, bisessuali, intersessuali. La conoscevo da tanti anni, me l’aveva presentata Porpora Marcasciano che con lei guidava egregiamente il Mit: insieme erano un vero punto di riferimento per le transessuali e i transessuali che per la loro condizione automaticamente si trovano in difficoltà in una società ancora profondamente maschilista, tenacemente ostile nei riguardi di chi è fuori della cosiddetta “norma”, di chi non è omologato al conformismo sociale, al familismo a tutti i costi.
Certo non bisogna dimenticare che esiste la legge 164 che legalizza il cambiamento di sesso ma una sola legge, con i segni dell’età e i limiti evidenti a 27 anni dalla sua approvazione, non è sufficiente a dare il via ad una vera e propria rivoluzione culturale che appare ancora lontana in un Paese vincolato ai diktat vaticani. Lo scandalo Marrazzo con i “mostri” transessuali sbattuti sulle prime pagina dei giornali e sui teleschermi di prima serata ha fatto fare molti passi indietro, causando un danno notevole alla vita quotidiana delle transessuali e mettendole in serio pericolo. Marcella e Porpora erano disperate per questa situazione, ma motivate a continuare la loro battaglia. Marcella stava già male ma non aveva nessuna intenzione di ritirarsi a vita privata. Partecipava a tutte le manifestazioni per i diritti lgbtiq e non faceva mai mancare la sua voce, esprimeva con forza le sue opinioni, incoraggiava le nuove generazioni.
Aveva 67 anni, era nata a Roma e dopo la maturità scientifica (era ancora Marcello, non aveva iniziato la transizione verso la sua reale identità) aveva cominciato a lavorare come portiere di albergo. Dal 1965 al 1978 fece il cassiere presso lo storico Piper Club di Via Tagliamento, locale dove mossero i primi passi artistici Patty Pravo, Caterina Caselli, Loredana Bertè e Renato Zero. E una carriera artistica intraprese anche Marcello Di Falco (nome d’arte di Marcello che adottò il cognome originario della sua famiglia) per volere di Federico Fellini che lo notò a Cinecittà (c’era andato soltanto per consegnare una lettera) e lo scritturò per il <+Cors>Satyricon<+Tondo>. L’attore Di Falco recitò in tanti altri film: con Fellini fece anche <+Cors>Amarcord<+Tondo>, nel ruolo del principe Umberto di Savoia, e <+Cors>La città delle donne<+Tondo>. Per Roberto Rossellini recitò in due film televisivi <+Cors>L’età di Cosimo de’ Medici<+Tondo> e <+Cors>Cartesius<+Tondo>: nel primo interpretò proprio Cosimo. Gli anni ’70 sono molto duri per Marcello che entra in crisi: la sua vera identità di genere non più repressa è causa di un lungo periodo di sofferenza che supererà con il sostegno psicologico e un’adeguata terapia ormonale.
Nel 1980, dopo venti anni di carriera d’attore, Marcello Di Falco va a Casablanca, si sottopone ad un intervento chirurgico e torna con la sua nuova identità: Marcella Di Folco. Subito si unisce al movimento transessuale che si batte per la legge per la riattribuzione del sesso che sarà approvata due anni dopo. Marcella si trasferisce quindi a Bologna e diventa presidente del Mit avviando una vera e propria rifondazione dell’associazione. Sua l’idea di creare un consultorio per le persone transessuali, il primo al mondo gestito dalle stesse persone alle quali è utile. Questo consultorio è ancora in funzione ed è il frutto delle capacità politiche di Marcella che riuscì proficuamente a relazionarsi con le istituzioni cittadine. Nel 1990 viene eletta consigliere circoscrizionale e dal ‘95 al ’99 è consigliera comunale per i Verdi: la prima transessuale al mondo eletta ad una carica simile. Fu candidata in molte tornate elettorali: nel 2004 era nelle liste del Pdci per il Parlamento europeo, nel 2006 nelle liste per il Senato dei Verdi. Ciao Marcella, ti volevo bene.

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Marcella Di Folco? Boh La “distrazione” dei giornali
di Carla Cotti
pubblicato il 9 settembre 2010 su Liberazione


Marcella Di Folco? Boh. Chissà chi era. E il movimento di liberazione trans? Mai sentito nominare. Ah sì, forse le trans sono quelle da sbattere in prima pagina in occasione di scoop pruriginosi tipo “caso Marrazzo”. O quelle che seminude fanno tanto comodo per fare un po’ di folclore sui Pride... Riflessioni surreali, che è folle attribuire a un caporedattore immaginario di “grande” giornale? Mica tanto, almeno a sfogliare i quotidiani di ieri. Il Corriere della sera non dedica alla morte di Marcella neanche una riga. Idem Repubblica nell’edizione nazionale. Dieci righe sul Messaggero (attenzione, in cronaca romana). Venti su La Stampa.
Fuori dai canali di movimento, intasati ieri di messaggi e dolore, un’informazione minima su Marcella hanno potuto riceverla solo i lettori dell’Unità (ma in una pagina di spettacolo, sotto il titolo “Addio a Marcella Di Folco, volto amato da Fellini”), del manifesto, e di Liberazione.
E poi le cittadine e i cittadini bolognesi: spettatori del Tg3 regionale, lettori della pagina locale di Repubblica, come se la battaglia di Marcella riguardasse solo le due Torri e non un’intero paese che ancor oggi annaspa nel cogliere la portata di libertà di chi lotta per anni prima di raggiungere il “genere” cui sente di appartenere. E di chi, come Marcella, affrontando questa mai semplice transizione non si nasconde, anzi, lotta per i diritti delle altre (e degli altri) come lei e per quelli di tutti. Paradossale da questo punto di vista la gaffe del Resto del Carlino, che non solo ha ritenuto di dover pubblicare una foto di Marcella “prima” (così, tanto per inchiodarla post mortem all’identità che aveva rifiutato), ma ha sbagliato, sbattendo in pagina un signore sconosciuto.
Marcella, noi che te ne sei andata l’abbiamo detto nelle pagine di politica. Perché le tue scelte, la tua storia - da Cinecittà a Casablanca, al Consiglio comunale di Bologna, all’arcobaleno di cento Pride - è politica. Politica pura. Ciao Marcella, il trono da “papessa” da oggi è tutto tuo.

martedì 7 settembre 2010

CIAO MARCELLA

Marcellona ci ha lasciati. Non è facile annunciare la perdita di una grande persona e non è semplice comunicare il vuoto che lascia. Le parole e i discorsi hanno un loro limite, affidiamo ai pensieri, alle emozioni, ai ricordi tutto quello che è stata Marcella Di Folco. Compagna, amica, sorella, mamma di tutte/i noi, il MIT perde la leader maxima, la sua traccia essenziale resta indelebile nella storia della nostra Associazione e del movimento tutto. Il coraggio con cui ha dedicato la sua intera vita alla dignità e ai diritti di tutte e tutti indistintamente, rende difficile l'elaborazione della sua perdita. Il MIT, il Movimento GLBT, la politica e la cultura tutta perdono oggi una loro parte importante.
Ciao Marcella
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Il MIT comunica a tutti coloro che vorranno rendere omaggio a Marcella Di Folco che Giovedi 9 settembre dalle ore 10 alle ore 19 sarà allestita la camera ardente presso la Sala Renzo Imbeni (ex Sala Bianca) del Comune di Bologna, in Palazzo d'Accursio (piazza Maggiore 6).
Dalle 17 alle 19, nello stesso luogo, verrà commemorata la cara Marcella in un saluto laico.
Venerdi 10 settembre, alle ore 15, come voluto da Marcella si terrà la cerimonia religiosa, celebrata da don Giovanni Nicolini presso la parrocchia della Dozza, in via della Dozza 5/2 a Bologna.

fonte:
http://www.mit-italia.it

sabato 10 luglio 2010

Elementi di Critica TRANS - Presentazione a Roma, venerdì 16 luglio 2010

Venerdì 16 luglio 2010 - ore 18.00, Caffè Letterario, Roma, Via Ostiense 95 - Leila DAIANIS, Fabrizia DI STEFANO, Federica PEZZOLI e Massimo VARIO presentano Elementi di Critica TRANS (ed. manifestolibri)

COSA VOGLIONO I/LE TRANS?
In ultima analisi, è la prosecuzione del vecchio interrogativo "cosa vuole una donna?", con cui Freud ha aperto l'interrogazione radicale sul desiderio- a risuonare in questo libro, che trascrive discussioni e materiali di un seminario di due anni fa, e che oltre a donne e uomini transessuali, ha convocato nella discussione gay, lesbiche e femministe che si sono sentite interrogate dall'"enigma trans". Il "tempo della sessualità" è il tempo lungo che ha attraversato lo scorso secolo breve, inquietandone contorni e certezze, introducendo differenze e sfumature, arricchendo e portando all'osso le forme del godimento. Di fronte alle semplificazioni e alle volgarizzazioni del circo mediatico, questo libro costituirà un antidoto efficace. E già questo basterebbe a consigliarne la lettura. Vi si troveranno percorsi di vita e riflessioni, il "partire da sé" come metodo della relazione per non restare sempre nel narcisismo, povero e prevalente, del "presso di sé". Vi si troverà un metodo che si rivolge anche al sapere, alla sociologia e all'antropologia, alla psicoanalisi e alla filosofia, ma come frammenti di un sapere vivo e non delegabile alle caste dell'oligarchia intellettuale. Vi si troverà infine una sfida all'ordine costituito del discorso etero e omo-sessuato, patrocinato a titolo diverso da uomini senza autorevolezza e da donne che hanno oramai smarrito il senso liberatorio del femminismo.
E' un libro "coraggioso", perché è sempre coraggioso il semplice atto di mettersi in discussione, e di esporlo pubblicamente, per strappare alla verità qualche brandello di carne viva.
Un esempio: la fratellanza di confronto fra uomini e donne transessuali, che, per avere una cosa in comune, ne hanno molte "in diversità", e che qui si parlano senza fare quadrato, senza mettersi in difesa verso l'altra/o, senza voler "vincere". Senza potere.

sabato 3 luglio 2010

Cancellate le trans, criminalizzato il movimento

Tra i promotori l’unica rappresentante trans è antimmigrati e antiprostituzione
di Porpora Marcasciano -
Liberazione - 2 luglio 2010


Il Pride di quest’anno ci è stato scippato, però per coprire la questione e camuffarla si sente dire che si tratta di uno scazzo tra associazioni o tra prime donne. E’ un modo semplicistico per liquidare una cosa ben più pesante: che è il primo Pride più o meno dichiaratamente di destra della storia. Intanto perché ad organizzarlo ci sono soggetti non molto limpidi, che dentro il movimento glbt sono stati visti con diffidenza: Imma Battaglia che difende a spada tratta Alemanno, dicendo che è il miglior sindaco che Roma abbia avuto perché ha degli interessi da salvaguardare, l’Arcigay Roma che difende i propri locali sulla Gay Street romana e Gaylib, associazione che si dichiara di destra. I proponenti sono questi. La rappresentanza transessuale è in mano a tale Francesca Busdraghi (Azione Trans) la quale, oltre ad essere di Gaylib, è esplicitamente di destra, antimmigrati, antiprostituzione. E’ lei che dovrebbe rappresentare le trans. Ma l’origine del Pride fu la rivolta di Stonewall, e a Stonewall l’eroina, colei che lanciò il tacco a spillo che fece esplodere tutto, era Silvia Rivera: trans, prostituta, ispanica, emarginata. E tutte queste sue particolarità Silvia le ha difese appassionatamente anche venendo in Italia, fino alla sua morte, nel febbraio 2002. Il Pride ha un senso, la storia glbt ha un senso: si iscrivono nella logica della liberazione, nella lotta per i diritti e l’uguaglianza. Questa logica nel Pride romano 2010 se ne è andata a quel paese. Tra le iniziative c’è un dibattito su questione transessuale e mass media tra Francesca Busdraghi e Martina Castellana, la candidata del Pdl nella provincia di Salerno. Le trans non sono rappresentate, vorrei gridarlo.
In più il dibattito si è svilito, c’è stata dietro una strategia di distruzione ben precisa. Gli organizzatori hanno usato lo stesso sistema che usano i politici di destra in tv: provocare fino a quando uno risponde, a quel punto basta dire un semplice “a” che diventa aggressione. Qualsiasi cosa si dice e si fa diventa un’aggressione.
Hanno fatto diventare un caso politico nazionale la supposta aggressione a Paola Concia al Pride di Napoli. Paola Concia è una politica, in quanto tale è esposta a critiche e contestazioni. A Napoli c’è stata una semplicissima contestazione da parte di 5 travestite drag che le hanno dato della fascista perché era andata a Casapound. Da qui a dire che questa è un’aggressione violenta ce ne passa. Così tutta l’area “antagonista” viene liquidata come violenta, aggressiva, quando poi a ben vedere la vera aggressione arriva da loro, la vittima passa per aggressore e viceversa.
Tutto questo viene usato per motivare il Pride di Roma, che non ha struttura portante politica né rivendicazioni. Il documento “Noi non ci saremo” è stato firmato da 50 associazioni del movimento glbt italiano: si tratta di quasi tutte le associazioni italiane, è questo che va chiarito. Un fatto simile avrà un significato. Altro che prime donne.
Rattrista anche vedere come tutta l’operazione sia chiara al movimento ma non ai politici che dovrebbero rappresentarci. Mi spiace che Nichi Vendola appoggi questo Pride. La sinistra fa un passo avanti e due indietro. Credo che dei punti di riferimento ci debbano essere, io ce li ho, il mio percorso di liberazione è cominciato 35 anni fa e più passa il tempo e più mi pare chiaro, mi spiace che questo percorso prezioso venga svilito con accuse brutte, le associazioni hanno una storia e la rivendicano. In Italia l’area gay-lesbica-trans rispecchia la situazione del Paese, che è di arretramento culturale e politico. C’è il revisionismo storico, quando ci vengono rivolti certi attacchi vengono rovesciate le parole. Il termine “antagonista” oggi è usato come dispregiativo, per indicare tutti coloro che cercano di approfondire le questioni, di dare senso al proprio percorso di liberazione. E’ in corso un tentativo di discredito, di criminalizzazione di un movimento, per cui tutto quello che è critica o articolazione del discorso viene tacciato come pericoloso e violento.


domenica 27 giugno 2010

NAPOLI PRIDE 2010 - "ALLA LUCE DEL SOLE" - 26 GIUGNO



L'intervento di Valerie TACCARELLI per: MIT (Movimento Identità Transessuale) & COORDINAMENTO TRANS SYLVIA RIVERA



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martedì 22 giugno 2010

DA STONEWALL AL PAY PRIDE

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Editoriale
di Porpora Marcasciano
Vice Presidente M.I.T. Bologna


Sono tanti e soprattutto seri i motivi che fanno immaginare il pride del 3 luglio a Roma come altro, totalmente altro dall’evento che eravamo abituati a festeggiare. Tante le ragioni per dissociarsene e sentirlo distante dal nostro orgoglio. Del resto era prevedibile che in un’Italia dove tutto si è storto, il Pride seguisse la stessa sciagurata tendenza!
Nella sua organizzazione, salta vistosamente all’occhio l’assenza delle persone trans, sia a livello simbolico che fisico, eppure sono state proprio loro ad aprire il percorso della liberazione.

Spicca invece la sola presenza di una donna trans dichiaratamente di destra (Gay Lib) dichiaratamente contro la prostituzione, contro i consultori (quello del MIT per esempio), contro tutti i percorsi considerati da lei e dagli altri organizzatori come “antagonisti”.
Credo che Sylvia Rivera, se mai ci fosse stato confronto, qualcosa da gridare a questa persona l’avrebbe sicuramente avuta!

Ben altri dubbi si addensano come nuvoloni, su quel pride. Già in un precedente comunicato, ho avuto modo di esprimere dubbi e perplessità e li ribadisco: le posizioni politiche di Imma Battaglia in merito alla qualità della vita di gay e lesbiche in Italia (lei sostiene che stanno in gran forma); l’organizzazione affidata a uno psicologo (il nostro percorso di visibilità nasce proprio dalla contestazione di un loro convegno nel 1972); attacchi aggressivi e violenti che sfiorano la rissa, con l’immancabile rigiro della frittata per porsi come le vittime, copione oramai consolidato di tutte le neo destre emergenti (ricordate la favola del lupo e dell’agnello?); le loro aperture alle destre più o meno estreme e la condanna metodica e continua del laboratorio antagonista; la commistione grossolana tra eventi commerciali e politici, tra profitto e rivendicazione (di questo parleremo meglio ad evento avvenuto).

Se la matematica, per non dire la storia, non inganna e due più due fa quattro, l’organizzazione di questo pride è quanto di più lontano e antitetico, da un percorso di liberazione, quindi dal Pride, che, se anche l’inglese non inganna dovrebbe significare orgoglio. Per tutti coloro (e sono tante e tanti) il cui percorso è tracciato dalla liberazione è difficile non intravvedere in quello romano un pericoloso cambio di rotta, uno scivolone verso il baratro, checché van cantando le voci bianche che invocano unità. Non si costruisce unità sulla confusione, tantomeno sulla negazione di un percorso, mi riferisco a quello che da Stonewall porta a noi, visto gli attacchi concertati e indiscriminati contro il mondo delle associazioni.

Da un po’ di tempo mi ostino a ripetere, a rischio di noia, che c’è bisogno di riprendere e ridare una costruzione di senso, un senso nostro, fondamentale per tracciare la nostra storia, appropriarcene.
Operazione non facile, non lo è mai stata in un mondo sessista…veteropatriarcale! Ma un movimento serio e maturo che vuole sentirsi e definirsi tale, dovrebbe prendersi questa responsabilità, ha l’obbligo di darsi o quantomeno ricercare quel senso che altri e solamente altri hanno dato per noi.

Oltre al fin troppo scontato confronto continuo e costante, alla base della nostra costruzione dovrebbe esserci la coscienza, altra parola passata in disuso, del famoso quanto banale “chi siamo, da dove veniamo e….dove stiamo andando!” Attraversiamo un’epoca in cui il filo del discorso, ovvero la costruzione di senso, si è ingarbugliato, si è spezzato, confuso. Un mondo in cui tutti parlano -questa è l’illusione- ma in cui diventa sempre più difficile parlare, dire, capire e farsi capire. Un’operazione abilmente manovrata da precise strategie che un giorno, spero non molto lontano, si scoprirà essere l’arma, per quanto mi riguarda, non troppo segreta delle destre: meno si capisce più si manovra!

La narrazione, la nostra, è fondamentale per la nostra esperienza! In essa c’è scritto dove nasce la negazione e dove la nostra visibilità, dove si genera violenza e dove liberazione, dove si genera esclusione e dove diritto! In quella narrazione, che non è personale ma collettiva e riguarda trans, gay, lesbiche, donne, immigrati, esclusi di ogni specie, è stampato il mio j’accuse al neo pride romano: state facendo una brutta cosa! Il 28 Giugno 1969 accadde qualcosa che è corpo e sostanza del movimento di liberazione GLTQ, è la sua narrazione…non quella che si cerca di manipolare! Così facendo si snatura il Pride si svilisce, si elimina il suo spirito, di questo purtroppo ci si rende conto sempre dopo.

Sabato scorso ho partecipato al Sicilia Pride di Palermo ed è stato veramente favoloso, come in contemporanea quello di Torino (non dimentichiamo la formula del suo successo), come quello del 12 a Milano... In the spirit of Stonewall!
Ed è in questo stesso spirito di sostanza e di liberazione che si terrà il Pride nazionale di quest’anno a Napoli, sabato prossimo 26 giugno.

Non datemi dell’antagonista, ma è il minimo che ci possa sussurrare la nostra coscienza!


venerdì 18 giugno 2010

ROMA PRIDE 2010: NOI NON CI SAREMO

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A Roma, negli ultimi mesi, sono accadute cose talmente sconcertanti e rilevanti in merito al Pride della Capitale del 2010 da indurre molte Associazioni, gruppi e singoli/e ad una riflessione comune, avvenuta nella sede del Circolo Mario Mieli in tre riunioni molto partecipate e ricche di diversità.
Dopo un’ ampia analisi della situazione politica attuale del movimento lgbtiq e dei fatti di Roma, le Associazioni, i gruppi, i/le singoli/e che sottoscrivono questo documento hanno deciso di non aderire a Roma Pride del 2010, per ragioni sia di metodo sia di sostanza politica, che riassumiamo con poche righe non esaustive ma indispensabili.
Il comitato che organizza e promuove il Roma Pride, costituito alla fine da sole quattro associazioni romane, ha effettuato una serie di operazioni, da aprile ad oggi, tali da impedire modalità di costruzione condivisa. Prima sono stati contestati i Pride precedenti e si è richiesta una nuova entità organizzatrice a ridosso dell’evento, invocando maggiore collegialità ma estromettendo dalla costruzione tutte le realtà non della Capitale, per la prima volta dal 1994. Poi si è perpetrata una messa in scena di falsa democrazia attraverso il passaggio di due brevi workshop di proposizione di idee sotto la guida di una psicoterapeuta, delegando poi le decisioni sostanziali a piccoli gruppi di lavoro scollegati fra loro. Successivamente si è spostata la data dell’evento dal 12 giugno al 3 luglio, incomprensibilmente verso un periodo più infelice per la partecipazione e contro una decisione assunta a febbraio durante un incontro nazionale di movimento a Napoli, questo mentre i gruppi di lavoro in teoria dovevano ancora decidere in raccordo fra loro. Analogamente l’ufficio stampa ha scelto e resi pubblici slogan, data e logo prima che si pensasse a quale dovesse essere l’essenza del documento politico da stilare, capovolgendo la logica di qualunque manifestazione esistente. E via discorrendo, con tante e tali “novità” di cui via via si prendeva atto senza alcun vero confronto politico. E potremmo continuare. Un Pride che si autoproclamava “di tutti” è diventato nei fatti di pochi, in particolare di sole quattro sigle.
Si è perpetrata una involuzione sostanziale dei contenuti politici, a partire dallo slogan e dal comunicato stampa di annuncio della manifestazione: questo Pride trova la sua rivoluzione nei i baci e nell’affettività, cioè in quanto di più blando e generico esista, con la sconvolgente amnesia delle pietre miliari e quarantennali delle lotte di movimento lgbtiq, ovvero orgoglio, liberazione, visibilità, autodeterminazione, sessualità, lotta per i diritti, laicità etc. Si è compiuta inoltre una regressione culturale di cui forniamo solo alcuni degli innumerevoli esempi: la rinuncia alla politica costruendo un Pride che passa attraverso una psicoterapeuta; la perdita dell’uso del femminile nel linguaggio; l’irrilevanza della questione transessuale (persino nella esiguità impressionante di persone trans nel comitato), salvo talune richieste di specifici interventi normativi nella piattaforma rivendicativa più lunga della storia, talmente tecnica da sembrare una tesina da giovane avvocato lgbtiq; l’uso smodato del vittimismo; la ossessiva e plumbea richiesta di supporto di polizia e telecamere; la perdita del senso della storia e delle indubbie conquiste sociali e culturali ottenute dal movimento; l’idea che le Associazioni hanno fatto il loro tempo e devono fare passi indietro, salvo poi dirigere il tutto attraverso poche persone che nelle Associazioni ci stanno da decenni o ne hanno attraversate parecchie, e magari militano anche nei partiti; l’uso spregiudicato delle vicende di cronaca di transfobia e di omofobia, ignorando le prime e strumentalizzando le seconde come spot davanti ai media, magari appropriandosi anche di iniziative altrui (vedi la fiaccolata organizzata da We Have a Dream il 30 maggio scorso), rilasciando dichiarazioni alla stampa e appiccicando cartelli con il logo del “proprio” Pride sul petto di chi ha promosso, dietro alla sola bandiera rainbow, una manifestazione di solidarietà e di risposta agli episodi di violenza. E potremmo continuare.
Si è sostanziata una marginalizzazione delle realtà lgbtiq di area culturale di sinistra e si è proposto un indistinto qualunquismo politico, basandosi su un progetto ipotetico di trasversalità che vuole andare a tutti i costi a scovare una sensibilità della destra italiana verso le tematiche gay, lesbiche e transessuali che nella realtà non esiste, se si escludono rare e in fondo doverose estemporaneità istituzionali o amministrative. Si è arrivati a preoccuparsi più della questione della necessità e volontà di cercare sponde a destra, anche in quella cosiddetta "estrema", che coinvolgere nel Pride i collettivi universitari e non, i centri sociali, le femministe, i partiti, i sindacati, le Associazioni che si occupano di diritti umani, le radio e le televisioni che aprono al territorio, i testimonial sensibili, migliaia di cittadine e cittadini comuni che nel Pride hanno visto negli ultimi anni un momento essenziale per stare insieme con consapevolezza e gioia, reagendo all’involuzione politica e sociale del nostro Paese. Ci si è naturalmente preoccupati di non dimenticare nel documento politico la parola antitotalitarismo, affinché la parola antifascismo non rimanesse sola ed inequivocabile.
C‘è talmente più realismo del re, che ci si preoccupa di evitare qualunque possibile polemica con l’amministrazione di turno (comunque guarda caso di destra), risolvendo persino le questioni politiche con un semplice e docile “ci ripensi” rivolto al sindaco Alemanno, che si dichiara contrario ad una legge contro l’omofobia e la transfobia E potremmo continuare.
Ma ci fermiamo nell’elencazione dei vari motivi che ci allontanano da questo Pride non perché non ve ne siano altri, ma in quanto riteniamo che quelli esposti siano già sufficienti per spiegare un atto così serio ed inedito da parte nostra.
Ci sentiamo orfani/e quindi di un appuntamento vero, vitale, condiviso, ricco e coinvolgente quale è stato fino ad oggi il Pride romano, significativo per tutta la comunità lgbtiq italiana e per la città di Roma. Non riusciamo in nessun modo a riconoscerci in nulla di ciò che Di’Gay Project, Arcigay Roma, Gaylib Roma e Azionetrans, ovvero il Comitato del Roma Pride 2010, hanno realizzato a testa bassa sino ad ora, senza nemmeno un attimo di ripensamento. Quindi con dolore immenso non aderiamo al Pride, con la scelta condivisa che ogni Associazione firmataria, se vuole, possa trovare liberamente proprie modalità di presenza per i propri associati e prendiamo le distanze dall’atto di destrutturazione metodologica, politica e culturale che si è perpetrato ai danni di un appuntamento da sempre e da tutto il movimento italiano sentito e ritenuto importantissimo . Ci aspettavamo da parte del comitato un qualche momento di consapevolezza del crescente sfaldamento, soprattutto dopo le continue critiche piovute da ogni dove e dinanzi al progressivo rimanere da soli. Non c’è stato nulla, non si capisce se per incapacità politica e inesperienza, o per la precisa volontà di provocare una spaccatura nel movimento. Noi vogliamo invece ristabilire modalità serie di coesione e fiducia, ribadire contenuti e storia del movimento, rilanciare percorsi di costruzione politica. Bisogna riattivare un dibattito vero, ribadendo vigorosamente lo spirito di liberazione di Stonewall. Su questo solco è quindi indispensabile continuare il percorso sia di lotte per i diritti e tutele verso coppie e singoli/e lgbtiq, sia di battaglie più ampie per una società più libera, come quelle contro le politiche di repressione e strumentalizzazione sui corpi delle persone trans, di donne e di migranti, contro il pacchetto sicurezza (come non ricordare i Cie – Centri di espulsione), contro la privatizzazione dei servizi e dei beni comuni, e via discorrendo. La nostra mancata adesione è un atto di vera assunzione di responsabilità, l’unico possibile rimasto: non nel nostro nome tanta pochezza di contenuti, manifesta incapacità e tanta mistificazione, non nel nostro nome la ricerca di visibilità di pochi. Non ci sarà da parte nostra nessun atto se non questo: noi non ci saremo. E non andremo nemmeno a inizio parata a cercare solo le telecamere per comunicare urbi et orbi la nostra distanza, come ha fatto in passato chi si è ricordato di amare tanto il Pride solo quest’anno, che l’ha voluto organizzare a tutti i costi e a modo proprio. Andremo invece tutti ed tutte a Napoli il 26 giugno, a sostenere un Pride che condividiamo e sentiamo nostro, anche se la gioia di quel giorno non colmerà il senso di perdita umana e politica del Pride di Roma, stracciato e mortificato come un pannetto inutile in mano a pochi in totale smarrimento.

Roma, 7 giugno 2010

Amigdala - corpi vari generi diversi
Antagonismo Gay Bologna
Associazione Culturale Gender
Associazione Libellula Trans
Associazione LLI – Lista Lesbica Italiana
Azione Gay e Lesbica Firenze
Circolo Lesbico Drasticamente - Padova
Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli
Circolo Maurice - Torino
Circolo Pink - Verona
CLR Coordinamento Lesbiche Romane
Coordinamento Facciamo Breccia
Collettivo bears of naples
Collettivo di femministe e lesbiche La mela di eva
Collettivo MAlefimmine
Comitato Gay e Lesbiche Prato
Controviolenzadonne.org
Coordinamento Trans Sylvia Rivera
Coq Madame
Corpolibero – Coordinamento lgbtiq di Rifondazione Comunista
Desiderandae Associazione Lesbica Separatista - Bari
Frangette Estreme - gruppo queer Bologna
Fuoricampo Lesbian Group - Bologna
GayRoma.it
Glamorama caffè queer - Bari
Il collettivo tilgbq "Sui Generis"
Laboratorio di genere "Le Malefiche"
Laboratorio Smaschieramenti - Bologna
Ladyfest Roma
LAI - Lesbiche Antifasciste in Italia
La mela di eva - collettivo di femministe e lesbiche
La Roboterie
Leather Club Roma
Le Ribellule
M.I.T. - Movimento Identità Transessuale
Movimento Omosessuale Sardo
Newsletter Ecumenici
Open Mind Catania
Pantere Rosa - sinistra critica
Polis Aperta
QueerInAction
REFO - Rete Evangelica Fede e Omosessualità
Rete Agatergon
RETE RAINBOW ROMA - Centro Italia
Spazio pubblico Autogestito Strike (Roma)
Subwoofer Bears
Tavolo LGBTQ* Trento
Zeroviolenzadonne.it

PRIMI FIRMATARI
Alessandra Marinucci
Diego Tolomelli
Fausto Perozzi
Marcella Di Folco
Massimo Quinzi
Porpora Marcasciano
Nicole De Leo
Laurella Arietti
Valerie Taccarelli
Massimo Vario
Federica Pezzoli
Paolo Violi
Samuele Benedetti
Ugo Malatacca
Gianluca Manna
Franco Salaris
Manuel Savoia
Saverio Aversa
Mauro Cioffari


Per adesioni
noncisaremo2010@gmail.com

Blog
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ELEMENTI DI CRITICA TRANS (ed. manifestolibri)


"Questo volume raccoglie interventi riflessioni sull'esperienza trans - intesa in senso individuale e collettivo - da parte dei soggetti protagonisti in occasione del primo seminario residenziale transessuale/transgender svoltosi nella primavera del 2008. Un dibattito all'interno della variegata ed eterogenea scena trans sulle questioni che rimandano al significato della propria esperienza e alla possibilità/capacità di costruire una soggettività critica, nel tentativo di arrivare a posizioni sondivise su storia, genere, sesso, patologia, autodeterminazione, senso e significato delle parole. Una discussione a più voci che si avvale anche del contributo di testimoni privilegiati, scelti in base al loro rapporto con la scena transessuale/transgender e alla loro conoscenza di essa. I Curatori: Laurella Arietti, Christian Ballarin, Giorgio Cuccio e Porpora Marcasciano fanno parte del Coordinamento Trans Sylvia Rivera, che riunisce alcune realtà associative e individualità trans in Italia. Il Coordinamento si è formato nell'ottobre del 2006 come momento di confronto sulle questioni e i progetti che interessano la realtà trans nei suoi molteplici aspetti"."
ELEMENTI DI CRITICA TRANS (ed. manifestolibri)

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giovedì 4 febbraio 2010

ROMA: MOSTRA - GENERI DI PRIMA NECESSITA'

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Mostra fotografica sulla visibilità trans
(a cura del Circolo di cultura gay lesbica bisessuale transgender MAURICE - Torino)

Inizio: 11 febbraio 2010
Fine: 14 febbraio 2010
Luogo: CSOA Forte Prenestino - Roma, Via Federico Delpino


I soggetti ritratti, donne e uomini trans, hanno prestato il proprio volto con l’obiettivo di dare un’immagine diversa delle persone transessuali. Si fa un gran parlare sul mondo trans, spesso a sproposito, alimentando pregiudizi e stereotipi.

Questi stereotipi non si aggirano innocui per le nostre città ma sottendono e alimentano comportamenti violenti, denigratori, emarginanti nei confronti delle/i trans. Se l’Italia ha il triste primato di morti violente di transessuali, forse, è anche perché esiste una cultura che le considera persone abbiette, spregevoli, peccatrici e che non si indigna di fronte a queste situazioni. Una società che disprezza di giorno e di notte si aggira per le strade mercenarie del sesso, come nella migliore tradizione dell’ipocrisia italiana.

Partire da quella immagine deviata per decostruirla attraverso l’ironia, i colori, la favolosità di un universo che merita di essere scoperto in tutta la sua autenticità.


LA TRATTA DELLE PERSONE TRANSGENDER IL NON DETTO II° CONVEGNO

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ASSOCIAZIONE LIBELLULA ROMA - CGIL NUOVI DIRITTI

LA TRATTA DELLE PERSONE TRANSGENDER IL NON DETTO II° CONVEGNO
Giovedì 11 febbraio 2010
Sala Auditorium Unicef
Via Palestro, 68
Roma

Nella percezione comune transessualismo e prostituzione sono ancora troppo spesso considerati sinonimi, dando sostanza a uno stereotipo duro a sparire e tuttavia, il fenomeno della tratta a fini di sfruttamento sessuale per le persone transessuali resta nascosto e sempre più dimenticato. L’ottantacinque per cento delle persone transgender che si prostituiscono sono vittime di racket, subiscono minacce e violenze. I loro diritti sono violati. I metodi di approccio con la vittima, le motivazioni che spingono le persone transessuali a migrare, l’età del percorso di transito stanno cambiando. Che cosa sta accadendo? Abbiamo fatto qualche passo avanti o ha avuto ragione un atteggiamento esclusivamente repressivo?
Il secondo convegno sulla tratta transgender vuole trovare delle risposte ed individuare strumenti di intervento efficace. L’associazione di volontariato Libellula Transgender Roma affronta le problematiche sociali, psicologiche, sanitarie e occupazionali legate al transessualismo e transgenderismo. Cgil Nuovi Diritti si occupa di persone transessuali fornendo informazione, consulenza legale, assistenza, difesa dei diritti.

PROGRAMMA

COORDINANO

Francesca Rufino - Associazione Libellula Roma
Salvatore Marra - Ufficio Nuovi Diritti Cgil Roma Lazio

LE RAGIONI DELL’INIZIATIVA

Maria Gigliola Toniollo - Cgil Nazionale Settore Nuovi Diritti

IL FENOMENO DELLA TRATTA E LA QUESTIONE SICUREZZA

Nicola Coco - Università “La Sapienza”
“Nuove disposizioni normative sulla sicurezza”

Lilli Chiaromonte - Dipartimento Immigrazione Cgil Nazionale
“Traffici criminali business transnazionali”

Gianni Ciotti - Silp Cgil
“Dopo l’ordinanza Alemanno: problemi irrisolti”

LE PERSONE TRANS NELLA SOCIETÀ

Luca Chianura - Saifip
“Indagine su aspetti sociali e relazionali di 475 persone transessuali, che si sono rivolte al Saifip, Ospedale San Camillo, Roma “

Leila Daianis - Associazione Libellula Roma. “Progetto di protezione sociale”

Salvatore Marra - Ufficio Nuovi Diritti Cgil Roma Lazio Strategie di contrasto alla discriminazione.

IL LAVORO DELLE ASSOCIAZIONI CONTRO STEREOTIPI E DISINFORMAZIONE:

Marcia Leite - Associazione Libellula Roma
“Come cambiano le modalita' di ingresso delle trans straniere in Italia”

Carmen Bertolazzi - Associazione Ora d’Aria Onlus: Casa di Accoglienza per le vittime di tratta “L’ambiguità dell’Accoglienza”

Stefania Boccale - Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli
“Progetto Carceri e Unità di strada”

Porpora Marcasciano – Mit Bologna
“Buone prassi”

DIBATTITO

sabato 30 gennaio 2010

Milano, 3 Febbraio, ASSEMBLEA con Porpora Marcasciano

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Per la liberazione dei desideri da stereotipi e pregiudizi,
per una sessualità come libera affermazione del/sul proprio corpo

ASSEMBLEA con Porpora Marcasciano

Esponente storica del movimento LGBT

3 Febbraio ore 15,00 happening finale

Via Varchi 1 (mm3 Maciachini, passante Bovisa, autobus 90,91)

Spazio liberato L'ESTUGADONDA

libere menti in liberi corpi

VISTO DALLA STRADA

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“Prostituzione” - uscite 2008/2009 dell’Unità di strada del Gruppo Abele
con monitoraggio destinatari ad hoc
(transessuali, minori, italiane e marocchine)

Mercoledì 27 Gennaio 2010 ~ 9,00 - 13,30 ~

OASI di Cavoretto - strada Santa Lucia, 89 - frazione Cavoretto (TORINO)*

PROGRAMMA PROVVISORIO

Fotografie e metodo delle uscite settimanali dell’Unità di strada (Nigeria e Paesi dell’Est)

Claudia De Coppi – Referente Unità di strada, Gruppo Abele

Ricadute delle ordinanze sul lavoro delle unità di strada a livello nazionale

Ornella Obert, Responsabile Sportello giuridico InTi

Focus ad hoc: minori, transessuali, persone marocchine, cinesi e italiane

Claudia De Coppi – Referente Unità di strada, Gruppo Abele

Focus: donne marocchine in strada

Es Sadia Bissati - Mediatrice culturale, Unità di strada Gruppo Abele

Focus: donne italiane in strada

Don Ugo Bellucci - Volontario Unità di strada Gruppo Abele

Focus: minori in strada

Paola Giordano - Ufficio minori stranieri, Comune di Torino

Focus: transessualità in strada

Porpora Marcasciano - Presidente MIT (Movimento identità transessuale) Bologna

Conclusioni e coordinamento

Mirta Da Pra Pocchiesa - Responsabile Progetto Prostituzione e tratta, Gruppo Abele

Alla giornata sarà presente Teresa Angela MIGLIASSO - Assessore al Welfare e Lavoro, Regione Piemonte.

La partecipazione al seminario è gratuita, l’iscrizione obbligatoria.
È possibile pranzare presso l’OASI previa prenotazione (vedi scheda di adesione).

Per informazioni/Segreteria organizzativa:

Valentina Malcotti (tel. 011 3841021 fax 011 3841025 e-mail: pagineopp@gruppoabele.org)
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lunedì 25 gennaio 2010

I PUNTINI SULLE I

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Editoriale
di Porpora Marcasciano
Vice Presidente M.I.T. Bologna


Colpisce ultimamente, ascoltare (nelle assemblee) o leggere (sui tanti documenti e comunicati che girano) il richiamo al concetto del “fare filosofia” contrapposto al “lavorare” quest’ultimo senza dubbio molto più utile della pura e semplice teoria implicita nel concetto di “fare filosofia”. Mi hanno colpito anche una serie di passaggi o posizioni in cui si fa riferimento al “fallimento” del movimento/politica/associazioni trans che c’è stata fino ad ora. Chiaro che stando sulla breccia dai lontani Anni 70 e chiaro che facente io parte oltre che del movimento GLT anche di un’associazione chiamata MIT che proprio quest’anno ha festeggiato i suoi 30 anni di storia. Chiaro che in 30 anni di storia mi risulta difficile discernere tra la filosofia (teoria) e la pratica, discernere tra quali siano state le prassi e quale il pensiero che le sosteneva, mi risulta difficile semplicemente perché le due cose, per quanto mi riguarda, hanno viaggiato insieme. Mi risulta difficile considerare quanto fatto fin ora pura e semplice “teoria” tanto più quando penso alla violenza che ho subito, alle botte che mi son presa dai fascisti (ben tre volte), a quelle dei poliziotti che mi/ci fermavano, ci facevano passare la notte in gattabuia. Mi risulta difficile pensando a quando fui arrestata (novembre 1979) per atti osceni in luogo pubblico (4 giorni di isolamento a Regina Coeli e tre mesi al processo per direttissima). Mi è difficile anche pensando alle mille manifestazioni-contestazioni-proteste per far luce nel deserto che ci circondava. Soprattutto mi è difficile pensare che per fare/lavorare (come si afferma da qualche parte) oggi c’è bisogno di demolire quello che si è fatto ieri.
Proprio perché mi risulta difficile da comprendere, provo a fare un po’ di ordine (quello buono), a fare un po’ di esercizio di memoria e …. mettere qualche puntino sulle I.
Per quasi tutti gli anni 70 ho frequentato e battuto soprattutto la scena gay fino a fondare, insieme a Marco Sanna, il Collettivo Narciso divenuto in seguito Circolo M. Mieli. Ho cominciato a frequentare le riunioni del MIT esattamente quando ci si batteva per la Legge 164 che ottenemmo il 14 Aprile 1982. In piazza insieme alle tante trans, tutte unite nel MIT, c’erano i radicali, compagni di Lotta Continua, del Manifesto e dell’allora PCI…non c’erano fasci! Alla luce dei “fallimenti” paventati e della teoria “rinfacciata” possiamo considerare quella della 164 una vittoria? Possiamo dichiarare che è stata anche una vittoria del MIT? Da li mi piacerebbe partire, perché quella VITTORIA mi sembra un buon punto di partenza per rispondere alle calunnie di alcune care amiche (non compagne) T che sembrano trovare nell’avversione al MIT il loro unico motivo di essere.
E per non tirarla lunga, mi soffermo anche sulla descrizione di alcuni servizi e progetti del MIT e relativi risultati (in numeri certificati) per rispondere alle care T che vedono in quello che si è fatto fino ad ora pura teoria o fallimento.
Comincio da
1) Consultorio diventato oggi Struttura Convenzionata USL con in carico 650 utenti; due gruppi di auto aiuto (uno FtM e uno MtF) che seguono 14 persone; sostegno diretto e telefonico (nell’anno 2009) registrate 1200 telefonate da tutta Italia delle quali 350 per informazioni e consigli, 200 di sostegno a distanza, 190 per motivi legali, 220 per motivi sanitari, 180 da altri servizi e 60 varie. Il Consultorio lavora in rete con tutti i centri ONIG di cui il MIT fa parte. E’ aperto dal lunedi al venerdi dalle 10 alle 18.
2) Sportello Nuovi Diritti CGIL attivo dal 1997. Non si hanno i dati precisi di 13 anni di attività ma per fermarsi all’ultimo anno: 12 persone seguite e sostenute nella ricerca lavoro; 8 persone sostenute in cause di mobbing e discriminazione; 5 persone seguite nelle pratiche di disabilità e Assistenza.
3) Progetto Artemide (MIT-Comune di Bologna) intervento di Riduzione del danno nel mondo della prostituzione di strada e in appartamento. Attivo dal 1997. Nell’ultimo anno di Unità di Strada sono stati effettuati 6217 contatti in strada, distribuiti 11352 profilattici, Accompagnate ai servizi 90 persone. Il materiale informativo da distribuire è preparato dal MIT e viene usato da tutti i Progetti Italiani di Riduzione del danno. Avviato un percorso protetto di Art. 18 che al momento segue 2 persone.
4) Accoglienza. Il MIT gestisce tre mini appartamenti per rispondere alle emergenze abitative per tutti/e coloro che si trovano in difficoltà. In un anno effettuate 5 accoglienze.
5) Avviate 14 borse lavoro in 15 anni; 12 inserimenti lavorativi.
6) Dal 1999 avviati 4 Progetti Europei come Associazione promovente tra cui un Progetto Equal e partecipato a 23 progetti come partners. Progetti che hanno prodotto comunicazione, informazione, politica e soprattutto lavoro.
7) Assistenza in carcere. Fino a quando ci sono state il MIT ha assistito e sostenuto le trans recluse nel carcere bolognese della Dozza.
8) Consulenza e formazione alle principali associazioni e progetti di riduzione del danno.
9) Centro di documentazione con tutti i testi italiani sull’argomento.
Che faccio continuo?
Il Festival Internazionale del Cinema Transessuale DIVErGenti giunto alla sua terza edizione. La mostra fotografica sul transessualismo nella storia e nelle culture disponibile a tutti coloro che vogliono esporla. Nel 2000 ha organizzato Transiti (Convegno Scientifico-Culturale Internazionale su transessualismo e identità di genere), dove ospite d’onore fu Sylvia Rivera, invitata in Italia dal MIT. Il MIT ha fatto parte della Commissione Pari Opportunità (contribuendo anche alla sua realizzazione) presso il Ministero Pari Opportunità presieduti dalla Senatrice Balbo e successivamente da Catia Belillo, annullate successivamente dal secondo governo Berlusconi (trans destre ricordatevelo). Tutto quello che il MIT ha creato e che offre è stato possibile in un contesto politico (quello Bolognese) che ce lo ha permesso, non dimentichiamolo, specialmente prima di andare a chiedere briciole a Maroni. In questi anni il MIT si è adoperato a costruire e intessere rapporti con tutte le associazioni del Movimento GLbT. Si è partecipato alla costruzione anzi alla strutturazione del Consultorio Trans Genere di Torre del Lago, anche in virtu del fatto che a progettarlo c’era Regina (MIT da sempre) che da anni lavorava in Toscana (vi risulta?). Quando l’ONIG propose di trasformare il T da Disforia in malattia rara, il MIT indisse una riunione aperta a tutte le realtà Trans italiane a TUTTE (vi risulta?) e da lì, vista l’importanza del confronto, venne creato il Coordinamento Sylvia Rivera che, nonostante a qualcuno questo non scende, non era la longa mano della MIT ne della Marcasciano visto che era aperto a tutti e dentro ci stavano tutti …. VI RISULTA? Care Ex di associazioni varie vi ricordate quante volte il MIT vi ha invitate per confrontarsi e collaborare?….Capisco adesso perché non si accettava, per non farvi strumentalizzare o accalappiare, ma il MIT non aveva mica bisogno di voi!!!
Di queste cose mi sarebbe piaciuto tanto parlarne di persona in un bel dibattito pubblico ma le richieste sono sempre cadute nel vuoto. Questo soprattutto perchè il Coordinamento T è tacciato di antagonismo e soprattutto perché il MIT non ha mai posto condizioni né rivendicato nulla, ma visto che la misura è colma… è bene mettere i puntini sulle I. Altrimenti, si dice, che chi troppo si inchina si scopre il culo.
Diciamo che oggi il MIT ha una sua linea politica che, visti i servizi offerti, non è pura teoria, ne semplice filosofia, ne antagonismo…ne tantomeno un fallimento! Diciamo con orgoglio che il nostro lavoro, pur nel confronto allargato e senza isolarsi, si è tracciato sempre nel ricco e variegato solco della Sinistra, che ultimamente sembra non andare più di moda o molto più semplicemente non conviene più rivendicare…ebbene per noi tutto questo resta un dato di fatto e un grande motivo di orgoglio. I fascisti non ci sono mai piaciuti, ne quelli che picchiano ne quelli travestiti da agnelli, lo sforzo maggiore è quello di riconoscerli….per questo non ci piace andare a parlare con Maroni. Dopo la rivolta di Rosarno, dopo i suicidi e le violenze nei CIE, dopo l’aumento della violenza trans fobica, dopo i tanti no….sembra quasi che l’agnello vada a trattare con il lupo.
In Italia si diventa antagonisti o addirittura violenti appena ci si permette di dissentire. Una volta si litigava, ci si accapigliava ma si faceva, oggi basta una parola fuori luogo che partono denunce e la delazione…come in tempi tristi prende il posto della politica.

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NO VAT 2010 - APPUNTAMENTO A ROMA, SABATO 13 FEBBRAIO

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La Piattaforma del No Vat 2010

Il 13 Febbraio 2010 per il quinto anno scendiamo ancora in piazza contro il Vaticano per denunciarne l’invadenza nella politica italiana: è infatti uno degli attori che agiscono nelle complesse dinamiche di potere sottese a un sistema autoritario e repressivo.

L'11 febbraio 1929 i Patti Lateranensi sancivano la saldatura tra Vaticano e regime fascista, oggi le destre agitano il crocefisso per legittimare un ordine morale in linea con l’integralismo delle gerarchie vaticane, lo strumentalizzano per costruire un'identità nazionale razzista e una declinazione della cittadinanza eterosessista e familista.

Da una parte le destre criminalizzano immigrate ed immigrati, istigano a una vera “caccia all’uomo”, li/le rappresentano come la concorrenza nell’accesso alle risorse pubbliche mentre nessuno affronta il problema di un welfare smantellato e comunque disegnato su un modello sociale che non c’è più. D’altra parte la chiesa cattolica legittima esclusivamente questo modello di società, basato sulla famiglia eterosessuale tradizionale, sulla divisione dei ruoli sessuali, dove un genere è subordinato all'altro e lesbiche, gay e trans non hanno alcun diritto di cittadinanza.

Su un altro fronte, destra moderata e sinistra riformista attuano il tentativo di procedere ad un'assimilazione selettiva dei soggetti minoritari sulla base della disponibilità espressa a offrirsi docilmente a legittimare discorsi razzisti, eterosessisti e repressivi. E' prevista l'inclusione solo di quelle soggettività che non mettono in discussione il potere: c'è un piccolo posto anche per gay, lesbiche e trans e per altre figure della diversità, purché confermino l'ordine razzista, sessista e repressivo.

In questo quadro, nel movimento lgbtq, abbiamo assistito alla comparsa di “nuovi” soggetti che ne usano le parole d'ordine per produrre un ribaltamento della realtà: a protezione delle soggettività supposte deboli pongono i loro carnefici. Chi legittima questi “nuovi” soggetti, contribuisce a produrre un ulteriore spostamento a destra, a normalizzare la presenza delle destre radicali nel dibattito pubblico.

Fuori da queste lotte interne al potere, dobbiamo constatare la diffusa e asfissiante presenza di un’etica cattolica, un modello di politica che propone come uniche alternative di “rinnovamento” il moralismo e il giustizialismo. Sappiamo che se oggi il Vaticano appare meno interventista è solo perché non ne ha bisogno: già nel nostro paese possiede il monopolio dell’”etica” che abbraccia indistintamente governo e opposizione parlamentare che fanno a gara - come sempre - ad inginocchiarsi all’altare del giustizialismo e del buonismo ipocrita.

Respingiamo il tentativo di espropriare anche i movimenti di lesbiche, gay, trans e femministe, di categorie fondamentali quali l'antifascismo, altrimenti l'ambiguità politica finirebbe per rendere le nostre soggettività complici di quest'ordine morale e politico che concede una legittimazione vittimizzante e minoritaria in cambio dell'assuefazione alla repressione.

Contrastiamo questo potere che, dove non addomestica, reprime e, attraverso l’ordine morale vaticano, assume dispositivi di disciplinamento e controllo sociale che negano qualunque tipo di autodeterminazione: l'autodeterminazione sociale ed economica dei e delle migranti, l'autodeterminazione dei corpi e degli stili di vita di donne, gay, lesbiche e trans, ogni percorso di autorganizzazione, di dissenso e di conflitto.

Denunciamo che quando il processo di addomesticamento non si compie viene utilizzato il carcere, il CIE (centri di identificazione ed espulsione), la repressione, la paura, la noia, la solitudine, l'intimidazione e la criminalizzazione per neutralizzare gli elementi di dissenso non previsti e non gestibili: migranti, movimenti, studenti, lavoratori e lavoratrici, disoccupati/e.

Riaffermiamo che antirazzismo, antifascismo, antisessismo sono lotte, necessarie l'una all'altra, da condurre anche contro l'uso strumentale delle libertà di donne e lgbt per rafforzare e legittimare un modello razzista.

Portiamo in piazza i nostri percorsi di autodeterminazione nell'acutizzarsi della crisi economica e dello smantellamento dello stato sociale - in particolare della scuola e dell'università - che tanto spazio lascia alle imprese private e confessionali.

Riaffermiamo le diversità e le differenze sociali, sessuali, culturali, contro l'identità nazionale razzista e eterosessista che ci vogliono imporre e contro l'ordine morale vaticano.

Portiamo in piazza i nostri percorsi di liberazione per ribadire la nostra volontà di agire nello spazio pubblico per produrre trasformazione sociale e culturale.
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CIRCOLO PINK: "IL TUO SILENZIO E' IL REGALO PIU' BELLO CHE FAI AD OGNI VIOLENZA"

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un progetto del Circolo Pink di Verona

Gli episodi di violenza verbale e spesso fisica ai danni di persone gay, lesbiche e transessuali sono in continuo e allarmante aumento.

Oggi più che mai è tempo di alzare la testa e raccontare e denunciare queste violenze anche mantenendo l'anonimato.

Il circolo Pink mette a disposizione due numeri di telefono e una mail per ascoltare, raccogliere questi fatti che accadono a Verona e provincia.

Noi ci siamo! Affrontiamo assieme ogni forma di discriminazione e intolleranza. Diciamo No! all'Omofobia e alla Transfobia.

Tutte le segnalazioni che arriveranno verranno affrontate a seconda della loro gravità e specificità . Una rete di avvocati/e, di spicologi/e, professionisti del mondo del lavoro e associazioni presenti sul territorio nazionale sono i partner in questo progetto. Con il supporto della "rete" si potrà intervenire nel modo più efficace dove si verificasse una qualsiasi discriminazione. Dove sarà possibile interverremo con specifiche attività culturali e di formazione.

La violenza non è fatta solo di botte, spesso quella più difficile da affrontare e individuare è quella che non si vede: le battute, le offese, il mobbing nei luoghi di lavoro, la difficoltà di vivere la propria omosessualità e transessualità.
Tali forme di violenza sono purtroppo frequenti in tanti ambienti: la famiglia, i luoghi di lavoro, la scuola, i gruppi, il bar, la strada, i luoghi di incontro per gay, lesbiche e trans.

Non abbiate paura a farvi sentire, usciamo insieme da questo silenzio.

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Info e dettagli del progetto: http://www.circolopink.it/iltuosilenzio.htm

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lunedì 4 gennaio 2010

EDITORIALI

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DA STONEWALL AL PAY PRIDE
di Porpora Marcasciano
Vice Presidente M.I.T. Bologna
22 giugno 2010

I PUNTINI SULLE I
di
Porpora Marcasciano
Vice Presidente M.I.T. Bologna

25 gennaio 2010

NELLO SPIRITO DI STONEWALL
di
Porpora Marcasciano
Vice Presidente M.I.T. Bologna

4 gennaio 2010


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NELLO SPIRITO DI STONEWALL

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Editoriale
di Porpora Marcasciano
Vice Presidente M.I.T. Bologna


Non credo di dire nulla di nuovo nell'affermare/confermare che la realtà, oltre ad essere a noi avversa, è fondamentalmente confusa: quella trans, quella glbt, quella italiana....quella democratica. E' come se si fosse perso il senso delle cose, intendendo "senso delle cose" nel suo reale significato, in termini filosofici detto ermeneutica, cioè quella logica e coerenza che danno senso e significato a un'azione, a un'esperienza, a una vita. Per intendersi per ermeneutica patriarcale si intende il pensiero, la logica, le azioni che sorreggono quel sistema che riconosce e formalizza il potere maschile; l'ermeneutica fascista è quella che riconosce e formalizza il potere della borghesia, del nazionalismo e la difesa dello status. Come quella comunista che riconosce e formalizza l'uguaglianza, l'internazionalismo, la trasformazione dello status quo. C'é l'ermeneutica cattolica o monoteista, quella induista, animista ecc. C'é quella capitalista o del mercato la cui logica e senso è esclusivamente quello del consumo, quello più in auge nell'epoca contemporanea. C'é insomma, o meglio ci dovrebbe essere, nella natura delle cose una loro intrinseca coerenza che molto semplicemente significa riconoscibilità, chiarezza.... filo conduttore delle umane esperienze. Capita a volte che questo filo, dopo essere stato fortunatamente trovato e faticosamente seguito, venga perduto, o spezzato. Le colpe di ciò potrebbero essere addebitate all'incapacità di seguire quel filo o al contrario (come sono convinta) per un preciso calcolo o progetto avverso al filo stesso.

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Quale dovrebbe o potrebbe essere l'ermeneutica T? Le risposte a questa domanda potrebbero essere diverse e anche discordanti, ma partendo dalla semplicità e dall'essenzialità del nostro percorso di liberazione (più o meno 1969-2009) poiché è sul percorso di liberazione che riesco a basarmi (non su quello della negazione), potrei dire che il "senso delle cose T" è quello rintracciabile nello Spirito di Stonewall, quello mirabilmente interpretato da Sylvia Rivera, una delle sue più note protagoniste che in quello spirito per anni ha urlato no rigts no peace. Fin qui tutte/i direbbero (a ragione) di riconoscersi e di rifarsi a quel principio, ma, mi sia concesso il dubbio, ne siamo sicuri? Siamo sicuri che il senso dato alla nostra vita e alle nostre battaglie sia quello? Siamo sicuri che oggi, anno 2010, la costruzione di senso sia quella della liberazione e non quella del patriarcato, o del mercato, o ....del fascismo? Il dubbio mi assale perché essendo immersi (o circondati) da quella logica di senso, il rischio di esserne assorbite, fagocitate e divenirne replicanti è veramente alto. Come dire che quando si stà nella latrina non si sente più la puzza!
Non riesco a comprendere trans, gay e lesbiche che si dicono di destra, mi risulta veramente difficile! Per questo all'assemblea romana del 19 Dicembre sono rimasta sorpresa dalle argomentazioni (quando c'erano) di coloro che ribattevano al mio/nostro richiamo all'antifascismo e alla condanna delle aperture a quella destra che ci vuole morti. Su questo mi soffermerei a riflettere perché questi soggetti affermano il contrario e cioè che nella destra ci sarebbe posto per noi, annullando così quella costruzione di senso o ermeneutica fascista che, basandomi sulla storia, la politica e la filosofia se no erro ha tre principi cardine "dio, patria, famiglia" ai quali in maniera differente (ma coerente) tutte le destre si rifanno. Se non si riconosce questo è come non riconoscere che il Vesuvio stà a Napoli o la Mole stà a Torino.
Metodo sperimentato e oramai consolidato dei neo fascisti è quello di urlare, quasi sempre senza argomentare, accusando gli altri di mancanza di rispetto, di mancanza di democrazia, di mancanza di riconoscimento....urlano, blaterano, non dicono nulla se non che gli altri sono violenti.
Qualsiasi cosa si controbatte diventa per loro violenza, compreso il mio/nostro scontato antifascismo. E per essere political corect alla fine si confondono lupi e agnelli o, come si suol dire, chi troppo si inchina si scopre il culo!
Ma tornando al percorso T, cosa c'entra questo mio exursus? Premetto che ho messo all'inizio quello che avrei dovuto dire alla fine, ma da quel lontano 1969 (sembra oramai un'epoca remota) quando Sylvia lanciava la bottiglia ai poliziotti che la opprimevano, segno conosciuto e riconosciuto dell'inizio della liberazione, della famosa "prima volta" ad oggi, qual è il senso delle cose? Potrebbe essere questo il titolo di un futuro seminario!!! Cosa è successo nel mondo e soprattutto in Italia in questi 40 anni? Cosa è cambiato da quegli anni in cui all'oppressione secolare rispondevamo con la sovversione della nostra favolosa esperienza? Qual è la differenza tra il "metterci la vita" delle nostre sorelle pioniere (ricordate Roberta, Sandra, Gianna e tutte le altre?) e l'essere T oggi?
Perché quelle (le prime) erano/eravamo considerate da certi pulpiti le cattive ragazze, quello che succede oggi con le brasiliane e.... tra non molto con tutte/i noi?
Come mai a livello legislativo tutto si è fermato al 14 Aprile 1982 quando fu approvata la L.164 l'unica per tutto il panorama GLBT? Come mai il pregiudizio e la violenza nei nostri confronti che sembravano scemare, sono oggi prepotentemente aumentati? Come mai urliamo e non ci capiamo tra di noi, non ci diciamo più niente, non ci ascolta più nessuno? Ci affanniamo per apparire a tutti i costi rischiando di non essere viste più neanche da Bernadette?
A queste domande non ho una risposta chiara, soprattutto non ho una ricetta, guai se pensassi di averla, sarebbe un chiaro segno di arroganza e ipocrisia. Ma riprendendo quel famoso filo conduttore, il filo della liberazione, basandomi sull´insegnamento della storia (intendo la nostra) e delle pioniere, facendo un po´ di esercizio di memoria, ritornando a fare una sana e vitale autocoscienza, recuperando lo spirito di Stonewall ....forse dalla lacuna della disperazione riusciamo ad uscire!
Mi siano concesse alcune piccole e brevi note: au debut, (la famosa prima volta) si partecipava! Perché oggi si delega?
Le grandi proteste che rientravano tutte nel processo di liberazione che attraversava il mondo, non erano monopolizzate da nessuno, ne tantomeno fagocitate, deviate, sminuite! Perché oggi si fa a gara a mettere il cappello su tutto? Ai rampolli della destra diffido (e tutti noi dovremmo farlo) dal mettere le mani su quel processo semplicemente perché non gli appartiene e che invece mi appartiene (in quanto libertaria, antagonista, rivoluzionaria) e ci appartiene a tutte e tutti nello spirito di Stonewall.
Quando parliamo di trans/omofobia, riusciamo ad uscire dall'ermeneutica patriarcale, definendo la violenza nei nostri confronti come espressione di quel sistema, chiamando la violenza con il suo nome e cioè fascismo, altrimenti risulterà essere un fatto casuale, improvviso come un temporale estivo, segno di una mente malata, avvalorando così l'idea di coloro che si ostinano a vederla come un castigo di dio. Questo anche in risposta non polemica all'intervento di Fabianna Tozzi all'assemblea del 19 a Roma quando si chiedeva il perché alcune associazioni "perdono tempo" nel ribadire e rimarcare il loro antifascismo!
Riusciamo a scorgere in quanto successo a Torino alla mostra Generi di prima necessità il segno chiaro e lampante di quanto sostengo?
Se il Coordinamento Sylvia Rivera, riuscirà a fare autocoscienza, esercizio di memoria, a riconoscere il profumo dalla puzza, a riprendersi la propria storia nello spirito di Stonewall....ce la potremo fare!!!
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SOLIDARIETA' DAL CIRCOLO PINK

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Il Circolo Pink di Verona esprime tutta la sua solidarietà al fotografo della mostra "Generi di prima necessità", e al
Circolo Maurice di Torino, organizzatore della stessa. Conosciamo bene il significato di queste minacce, che non vanno sottovalutate, ci fanno capire il clima di intolleranza e oscurantismo che spesso circonda le iniziative delle associazioni gay lesbiche e transgender, questa mostra ne è un esempio. A tutte le persone transessuali ritratte, un grazie per aver prestato, ancora una volta, la propria faccia per questa iniziativa.

Il Circolo Pink
http://www.circolopink.it/index.htm
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MINACCE AL FOTOGRAFO DELLA MOSTRA "GENERI DI PRIMA NECESSITA'"

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Comunicato Stampa

Minacce al fotografo della mostra "Generi di prima necessità"

04 Gennaio 2010

Sul blog di forza nuova sono apparse minacce palesi al fotografo della mostra sulla visibilità trans "Generi di prima necessità" a seguito del comunicato stampa di denuncia sugli atti vandalici ad una foto rovinata con una svastica e una croce celtica. Perciò a seguito di queste minacce al fotografo della mostra da noi voluta, promossa e realizzata, anche grazie ai patrocini e contributi degli enti pubblici, chiediamo l'immediata cancellazione di queste minacce che di seguito riportiamo e se questo non avvenisse l'oscuramento del blog.


31 dicembre

P.S: dove abita l'artista?

Mirko con calma ci stiamo informando

l' augurio che rivolgo agli autori di questa provocazione è che il 2010 gli riservi profonde lesioni rettali in seguito a ripetute violenze subite da manipoli di viados.. per il resto, spero che i camerati torinesi sappiano farsi sentire

1 gennaio

P.S. allora, l'indirizzo di 'sto cazzo d'artista,che andiamo a manifestare il nostro motivato entusiasmo artistico...

2 gennaio
ecco il pane per i suoi denti









si chiama A. F. ... un nome da tenere a mente.


Ufficio Stampa Coordinamento Torino Pride lgbt
http://www.torinopride.net/
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