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Sito ufficiale del Coordinamento Trans Sylvia Rivera

I fondamenti del Coordinamento Trans Sylvia Rivera sono i seguenti:
diritti civili, diritti umani, autodeterminazione, laicità, antirazzismo, antifascismo


venerdì 10 settembre 2010

MARCELLA DI FOLCO, LEADER DEL MOVIMENTO TRANS CI HA LASCIATO. UN RICORDO CORALE


La mia, la nostra Marcellona
di Porpora Marcasciano
pubblicato il 9 settembre 2010 su Liberazione


Cosa scrivere e come scrivere della Marcella, una persona con cui ho condiviso e intrecciato un’esperienza personale e politica che definire “sensazionale” sarebbe riduttivo, un percorso lungo 25 anni, da quando, in una salottino del Senato, Giglia Tedesco (Pci) convocò una delegazione del Mit, il Movimento identità transessuale, per un incontro con Rosa Russo Iervolino allora ministra degli interni. Indimenticabile per me la scena finale dei saluti quando, come in un film di Fellini, Marcellona singhiozzando di gioia, abbraccia, fino a farla scomparire tra le sue spire, la ministra che in quel momento, confidenzialmente, per lei era diventata Rosa. Rosa con la sua vocina ringraziava e Marcella col suo vocione elogiava. La paura di essere banale nel parlare della Di Folcland (come confidenzialmente la chiamavo) per me è alta, la paura di non riuscire a dire tutto quello che andrebbe detto nello spazio di un articolo. Il rapporto che ci univa era profondo, durava nel tempo perché, per evitare le durezze della vita, avevamo fatto di una sana e salutare autoironia uno stile di vita. Non ci siamo mai prese sul serio, riuscivamo a dirci le peggio cose l’una dell’altra (le trans sono così), ma la serietà non è mai mancata quando ci si confrontava con la nuda vita, con i mille problemi e le infinite tragedie che assediano la vita delle persone transessuali. Marcella sapeva dove arrivare, ottenere il massimo per le persone trans e in quello si tuffava anima e corpo e… che corpo!
Dall’incontro con il Presidente Napolitano a quello con la trans malata anziana e senza casa, da quello con gli scienziati dello Hbgda (l’associazione mondiale professionale per la salute transgender) all’incontro con le trans brasiliane clandestine e senza diritti, con tutti metteva la stessa identica verve e dignità, non esistevano per lei limiti politici, morali o istituzionali nella rivendicazione dei diritti. Costava quel che costava, per la Marcella le trans dovevano vincere.
Del resto la sfida, oltre al mangiare, era la cosa che amava di più e in un paese come l’Italia in cui di sfide (anche di sfighe) ce ne sono mille al giorno, lei aveva trovato terreno fertile. Come dire…una ruspa! Non per niente a un concorso di Miss Alternative era stata nominata Diga Vaiont. Prorompente, come quando a un congresso nazionale dei Verdi, con i suoi centosettanta chili di stazza, facendosi largo tra la folla dei delegati a colpi di pancia e di gomiti, arrivata al cospetto dell’allora sindaco di Roma Francesco Rutelli gli disse: «A Francè se nun te comporti bene me te’nculo!». E quando, consigliera comunale a Bologna, pretese pubbliche scuse dall’opposizione di destra che l’avevano offesa nel suo essere trans. Mettendosi di traverso, una vera e propria barricata, il consiglio comunale non sarebbe proseguito senza quelle scuse, la vendetta politica delle trans!
A Marcella piaceva soprattutto divertirsi, per lei infatti la politica, le battaglie per i diritti, il lavoro al Mit erano soprattutto un gran divertimento: mezzo e fine, personale e politico, privato e pubblico coincidevano in quel grande, spropositato delirio trans che a noi piace definire “favolosità”, la linea guida dell’esperienza bolognese del Mit. Visto che i diritti, la dignità e quindi anche la gioia ci sono stati sempre preclusi, con Marcella era chiaro che ce li saremmo presi tutti, con un grande e, soprattutto, favoloso divertimento. Ci siamo divertite e continueremo a farlo ricordandola, grande, favolosa, Marcellona mentre prepari la rivoluzione davanti a un fumante piatto di fagioli con le cotiche, mentre intoni appassionate arie della Callas in viaggio verso i mille pride della nostra liberazione. Mentre sfili vestita da papessa benedicendo urbi et orbi i convenuti alla processione gaia organizzata per l’arrivo del papa a Verona. E mentre te ne vai, lasciandoci qui, alle cose di tutti i giorni, mi piace riportare, alla fine, una frase geniale di Foucault: «No, non sono dove mi cercate ma qui, da dove vi guardo ridendo».

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Sex worker, una sorella nella lotta per i diritti
di Pia Covre (Cdcp, Comitato per i diritti civili delle prostitute, onlus)
pubblicato il 9 settembre 2010 su Liberazione


Con la morte di Marcella Di Folco tutte le persone che aderiscono ai movimenti per i diritti civili glbt e di sex workers sentono di aver perduto un pezzo di sé, una parte della propria forza.
Marcella una persona non comune ci lascia un vuoto che resterà incolmabile. Mille attiviste/i tutti insieme non riusciremmo mai a sostituire Marcella, la sua presenza e la sua voce sempre straordinaria e potente e il suo pensiero che veniva dalla mente ma passava dal cuore e che esprimeva sempre appassionatamente com’è tipico di chi le esperienze le ha vissute in prima persona e non solo per sentito dire.
Marcella ha condiviso con molte compagne i momenti drammatici quando ancora negli anni ’70 erano applicate le infami leggi fasciste alle transessuali che venivano messe al bando e relegate al confino e anche in carcere. Con loro e per loro si è battuta per ottenere una legge (Legge 14 aprile 1982, n. 164 “norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso” ) partecipando attivamente alla lotta che fu portata in Parlamento dal Partito Radicale. Sempre in prima linea attivista e militante nel più completo e vero senso di queste due parole. Generosa con tutte/i anche nei giudizi, capace di affermazioni dure ma subito ammorbidite da una grande umanità che aveva spontanea anche verso chi le era antagonista. Dal 1982 ha partecipato e condiviso con il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute le lotte per il riconoscimento dei diritti e contro le discriminazioni. Il sindacato delle sex workers francesi Strass e il Network europeo delle sex workers che conoscevano e apprezzavano il suo lavoro e le lotte del Mit la ricordano come una delle grandi sostenitrici del movimento internazionale. Noi l’abbiamo sempre sentita vicina, in ogni momento di lotta lei c’era. Anche quando era affaticata o stanca, sempre pronta ad un nuovo sacrificio per portare la sua solidarietà e la sua presenza significativa alla lotta.
Ma non solo noi dobbiamo rendere onore a Marcella, anche il mondo della politica lo deve fare. I cittadini e le cittadine di Bologna la stimavano e lo hanno dimostrato eleggendola in Consiglio comunale. La sua popolarità fra la gente se l’è conquistata, non con la pubblicità mediatica o i giochetti di potere, ma con la sua grande autenticità e intelligenza con la quale si relazionava con le persone nelle strade della sua città, ascoltandone i problemi e rispondendo sempre con gentilezza e comprensione. Soprattutto schierandosi con i più deboli contro le ingiustizie. Nel giorno della sua scomparsa voglio ricordare le sensazioni che provocò in me al nostro primo incontro, mi impressionò per la sua dimensione fisica che percepivo sovrastante, quasi imbarazzante. Ma subito mi sentii rassicurata per la sua accoglienza tenera e calda. La sentivo come una sorella, grande e protettiva. Mi stupiva la sua storia personale davvero straordinaria, mi impressionò la sua lucidità sulle rivendicazioni intraprese e il suo senso di giustizia. Ricordo che pensai che sembrava un personaggio di Fellini, un po’ di tempo dopo scoprii che aveva anche recitato con Fellini. Sapeva stare in scena personalità e con ironia e aveva il physique du rôle, indimenticabile la sua partecipazione al concorso del Cassero dove è stata eletta Miss Alternative una autentica “Favolosa” come amano definirsi le transessuali.
Coraggio, orgoglio e dignità è la lezione che ci ha dato Marcella Di Folco come attivista, ma come amica la ricorderò sempre per la sua gentilezza e affettuosa generosità è stato un onore per me avere la sua amicizia
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Indimenticabile Papessa in Frocessione a Verona
di Graziella Bertozzo
pubblicato il 9 settembre 2010 su
Liberazione


Ciao Marcellona,
dal 7 settembre 2010 non ci sei più.
Ti ho salutata per l’ultima volta due giorni prima e non avevi più la forza per aprire gli occhi. Anche il peso del piccolo cagnolino Ettore sul tuo letto era troppo per te. Eppure hai trovato la forza per tendere le tue braccia e stringermi in uno di quei tuoi abbracci. Non mi hai detto «ammoreee» come al tuo solito, e da lì ho capito che non avevi più bisogno di interpretare la tua parte per nascondere tutta la tua dolcezza e la tua tenerezza. La tua parte era conclusa.
La tua parte?
Ma quante parti hai sostenuto sulle tue spalle? Quanti i corpi di cui hai saputo vestire i tuoi sentimenti, la tua caparbietà, la tua onestà, la tua fantasia, la tua generosità e lealtà?
Nessuno lo sa, ma in tanti e tante di noi ne conoscono alcune, solo alcune. E quanti ricordi-storie-momenti dovremmo mettere insieme per avere una Marcellona a tutto tondo?
La tua è una vita che si potrebbe raccontare per aneddoti, e chissà per quanto tempo si parlerà di te e del tuo Ciao su cui, nel tuo periodo di “enorme”, sfrecciavi per le strade di Bologna. E il Ciao non si vedeva. Anche la tua cinquecento fu mitica: non ho mai capito come facevi ad entrarci, ma soprattutto ad uscirne.
E su quanti carri e furgoni hai attraversato le manifestazioni romane del movimento? Ma la nostra Papessa a Verona nella Frocessione del 2006 la facesti a piedi, ed eri molto più credibile tu della Papessa Ratzinger che nel frattempo sfilava sulla papamobile dall’altra parte della città. Tu, imponente e a piedi, hai sfilato accanto alla Verona povera dei gay, delle lesbiche, dei e delle trans, delle prostitute, dei e delle migranti. Quell’altro, motorizzato, fra la Verona-bene del denaro e dell’opulenza. Eppure il tuo vestito era molto più bello del suo.
Soltanto la storia dei e delle perdenti – quella che non sarà mai scritta – potrebbe renderti giustizia.
E così so che non avrai giustizia, ma questo lo avevi messo in conto. Quello che non hai mai voluto mettere in conto, che non hai mai accettato, sono l’ingiustizia e la povertà di cui soffriva – e soffre – chi stava – e sta – intorno a te. Con il piccolo insignificante particolare che intorno a te sentivi il mondo intero, anche quello che di te non si occupava.
Non ricordo più la prima volta in cui ci siamo incontrate ma tu, una volta su due in cui ci vedevamo, mi ricordavi come per te era stato importante il mio invito ad una iniziativa a Verona, riconosciuta dalle istituzioni e realizzata solo da donne nei primi anni ‘90. L’invito di una donna – lesbica per giunta – a lavorare in un gruppo di donne. E dicevi: che beellooo! E sorridevi.
Non mi hai sorriso domenica, ma i tuoi occhi si sono allargati quando ti ho detto che stavamo portando a termine una delle tue ultime iniziative. E poi si sono riempiti di lacrime quando mi hai detto: «Forse io non ce la farò…». Non hai finito la frase: «… ad esserci».
Non abbiamo mai parlato molto io e te. Sempre di ricordi, e i ricordi non hanno quasi bisogno di parole. E spesso la nostra memoria comune non era necessariamente situata nel passato.
Il ricordo più bello che ho condiviso e condivido con te è situato in un tempo futuro, e sapevamo che né tu né io l’avremmo mai visto.
Ed è il ricordo di quel mondo migliore possibile per cui, a volte nello stesso luogo ed altre in luoghi diversi, abbiamo combattuto. Su barricate diverse, magari, ma che sempre hanno guardato nella stessa direzione.
E l’allargarsi dei tuoi occhi l’altro giorno me l’ha ancora una volta fatto intravedere, così come tu lo vedevi.
Così come questa lettera che ti scrivo: scrivo pubblicamente a te proprio oggi, quando non ci sei più a leggerla, per il semplice motivo che io ancora ho una parte da fare, perché so che tu quella felicità per un’azione politica concreta l’avresti voluta condividere con il mondo intero, perché non era rivolta a me, ma a tutte e tutti gli “ammoriiii” della tua vita.
Ed è a loro che consegno la felicità dei tuoi occhi, così come il tuo abbraccio e il tuo grazie per essere stati e state nella tua vita.
Ciao Marcella.

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Una “grande” rivoluzionaria a cui abbiamo voluto bene
di Saverio Aversa
pubblicato il 9 settembre 2010 su Liberazione


E’ morta Marcella, “Marcellona” anzi, così era chiamata affettuosamente dagli esponenti del movimento “frocio” (lgbtiq). L’accrescitivo al suo nome veniva spontaneo a causa della sua altezza, della sua “corpulenza” ma anche della voce stentorea e dei modi in genere poco diplomatici. Ricordo che qualche anno fa dal palco del Pride romano a piazza SS. Apostoli urlava con tutto il fiato che aveva in gola augurandosi la morte del papa! Era buffa con la sua parrucca portata con gran disinvoltura anche quando era leggermente spostata, un poco sbilenca. Poi decise di non portarla più e di coprire il capo con dei civettuoli foulard o dei romantici cappelli.
Marcella Di Folco, presidente del Mit, movimento identità transessuale, era una mia amica, una persona cara, un’attivista per i diritti civili che aveva speso tutta la sua esistenza per il pieno riconoscimento legale delle persone non eterosessuali, delle cittadine e dei cittadini transessuali, di gay, lesbiche, bisessuali, intersessuali. La conoscevo da tanti anni, me l’aveva presentata Porpora Marcasciano che con lei guidava egregiamente il Mit: insieme erano un vero punto di riferimento per le transessuali e i transessuali che per la loro condizione automaticamente si trovano in difficoltà in una società ancora profondamente maschilista, tenacemente ostile nei riguardi di chi è fuori della cosiddetta “norma”, di chi non è omologato al conformismo sociale, al familismo a tutti i costi.
Certo non bisogna dimenticare che esiste la legge 164 che legalizza il cambiamento di sesso ma una sola legge, con i segni dell’età e i limiti evidenti a 27 anni dalla sua approvazione, non è sufficiente a dare il via ad una vera e propria rivoluzione culturale che appare ancora lontana in un Paese vincolato ai diktat vaticani. Lo scandalo Marrazzo con i “mostri” transessuali sbattuti sulle prime pagina dei giornali e sui teleschermi di prima serata ha fatto fare molti passi indietro, causando un danno notevole alla vita quotidiana delle transessuali e mettendole in serio pericolo. Marcella e Porpora erano disperate per questa situazione, ma motivate a continuare la loro battaglia. Marcella stava già male ma non aveva nessuna intenzione di ritirarsi a vita privata. Partecipava a tutte le manifestazioni per i diritti lgbtiq e non faceva mai mancare la sua voce, esprimeva con forza le sue opinioni, incoraggiava le nuove generazioni.
Aveva 67 anni, era nata a Roma e dopo la maturità scientifica (era ancora Marcello, non aveva iniziato la transizione verso la sua reale identità) aveva cominciato a lavorare come portiere di albergo. Dal 1965 al 1978 fece il cassiere presso lo storico Piper Club di Via Tagliamento, locale dove mossero i primi passi artistici Patty Pravo, Caterina Caselli, Loredana Bertè e Renato Zero. E una carriera artistica intraprese anche Marcello Di Falco (nome d’arte di Marcello che adottò il cognome originario della sua famiglia) per volere di Federico Fellini che lo notò a Cinecittà (c’era andato soltanto per consegnare una lettera) e lo scritturò per il <+Cors>Satyricon<+Tondo>. L’attore Di Falco recitò in tanti altri film: con Fellini fece anche <+Cors>Amarcord<+Tondo>, nel ruolo del principe Umberto di Savoia, e <+Cors>La città delle donne<+Tondo>. Per Roberto Rossellini recitò in due film televisivi <+Cors>L’età di Cosimo de’ Medici<+Tondo> e <+Cors>Cartesius<+Tondo>: nel primo interpretò proprio Cosimo. Gli anni ’70 sono molto duri per Marcello che entra in crisi: la sua vera identità di genere non più repressa è causa di un lungo periodo di sofferenza che supererà con il sostegno psicologico e un’adeguata terapia ormonale.
Nel 1980, dopo venti anni di carriera d’attore, Marcello Di Falco va a Casablanca, si sottopone ad un intervento chirurgico e torna con la sua nuova identità: Marcella Di Folco. Subito si unisce al movimento transessuale che si batte per la legge per la riattribuzione del sesso che sarà approvata due anni dopo. Marcella si trasferisce quindi a Bologna e diventa presidente del Mit avviando una vera e propria rifondazione dell’associazione. Sua l’idea di creare un consultorio per le persone transessuali, il primo al mondo gestito dalle stesse persone alle quali è utile. Questo consultorio è ancora in funzione ed è il frutto delle capacità politiche di Marcella che riuscì proficuamente a relazionarsi con le istituzioni cittadine. Nel 1990 viene eletta consigliere circoscrizionale e dal ‘95 al ’99 è consigliera comunale per i Verdi: la prima transessuale al mondo eletta ad una carica simile. Fu candidata in molte tornate elettorali: nel 2004 era nelle liste del Pdci per il Parlamento europeo, nel 2006 nelle liste per il Senato dei Verdi. Ciao Marcella, ti volevo bene.

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Marcella Di Folco? Boh La “distrazione” dei giornali
di Carla Cotti
pubblicato il 9 settembre 2010 su Liberazione


Marcella Di Folco? Boh. Chissà chi era. E il movimento di liberazione trans? Mai sentito nominare. Ah sì, forse le trans sono quelle da sbattere in prima pagina in occasione di scoop pruriginosi tipo “caso Marrazzo”. O quelle che seminude fanno tanto comodo per fare un po’ di folclore sui Pride... Riflessioni surreali, che è folle attribuire a un caporedattore immaginario di “grande” giornale? Mica tanto, almeno a sfogliare i quotidiani di ieri. Il Corriere della sera non dedica alla morte di Marcella neanche una riga. Idem Repubblica nell’edizione nazionale. Dieci righe sul Messaggero (attenzione, in cronaca romana). Venti su La Stampa.
Fuori dai canali di movimento, intasati ieri di messaggi e dolore, un’informazione minima su Marcella hanno potuto riceverla solo i lettori dell’Unità (ma in una pagina di spettacolo, sotto il titolo “Addio a Marcella Di Folco, volto amato da Fellini”), del manifesto, e di Liberazione.
E poi le cittadine e i cittadini bolognesi: spettatori del Tg3 regionale, lettori della pagina locale di Repubblica, come se la battaglia di Marcella riguardasse solo le due Torri e non un’intero paese che ancor oggi annaspa nel cogliere la portata di libertà di chi lotta per anni prima di raggiungere il “genere” cui sente di appartenere. E di chi, come Marcella, affrontando questa mai semplice transizione non si nasconde, anzi, lotta per i diritti delle altre (e degli altri) come lei e per quelli di tutti. Paradossale da questo punto di vista la gaffe del Resto del Carlino, che non solo ha ritenuto di dover pubblicare una foto di Marcella “prima” (così, tanto per inchiodarla post mortem all’identità che aveva rifiutato), ma ha sbagliato, sbattendo in pagina un signore sconosciuto.
Marcella, noi che te ne sei andata l’abbiamo detto nelle pagine di politica. Perché le tue scelte, la tua storia - da Cinecittà a Casablanca, al Consiglio comunale di Bologna, all’arcobaleno di cento Pride - è politica. Politica pura. Ciao Marcella, il trono da “papessa” da oggi è tutto tuo.

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